Maradona: certo un genio, indubbiamente un eroe, di sicuro un esteta
È stato tra i più grandi personaggi sportivi di sempre e ha reso immenso il gioco del calcio. La differenza tra l'uomo e l'artista non può essere fatta. I "superuomini" sono blocchi granitici da prendere o lasciare. Diverso, invece, è il discorso sulla città di Napoli...
di William Di Marco
"EL PIBE DE ORO" E D'ANNUNZIO – Se c'è un concetto non affatto discriminante o con nessuna venatura razzista questo è l'idea di superomismo di Fiedrich Nietzsche. Per molti anni la confusione ha fatto sì che il filosofo tedesco passasse per ispiratore dei totalitarismi novecenteschi, in modo particolare del nazismo, mentre il suo atteggiamento era molto più comprensibile, se si guarda l'aspetto artistico ed evocativo del concetto. In una società dinamica sotto il profilo della crescita industriale, ma statica per le problematiche esistenziali, solo l'artista sa innalzarsi oltre l'"umano" e vedere al di là della terrenità. L'esperienza metafisica ha bisogno di un osservatore speciale che abbia gli occhi e la sensibilità adatta per capire le trasformazioni sociali. Questo in soldoni il pensiero dell'autore di Cosi parlò Zarathustra, ripreso per molti aspetti dai poeti decadenti. Ed ecco che qui entra in gioco il nostro corregionale Gabriele D'Annunzio, capace di interpretare al meglio l'essenza ultima e profonda dell'artista, il quale deve sapere vivere la propria esistenza come un'opera d'arte. Non c'è differenza tra quello che si produce nell'ambito creativo con ciò che la quotidianità ci induce a vivere. Il genio pescarese non si cimenta su due piani sovrapposti, anche se quello dell'intuizione lo eleva molto di più rispetto al vissuto giornaliero. Le famose stranezze della sua vita fanno parte del personaggio: sa slanciarsi nell'iperuranio che lo rende unico e irripetibile. Discorso simile merita il più grande genio calcistico di sempre (forse insieme a Pelè). Diego Armando Maradona (1960-2020), recentemente scomparso, era un po' la copia sul rettangolo verde di quell'eroe geniale che è stato Gabriele D'Annunzio. Se l'autore de I pastori si alzava in volo con i suoi aerei per dar vita a gesta memorabili, se guidava le folle per delle imprese eroiche, se la sua vita inimitabile era fatta di eccessi e atti leggendari, allo stesso tempo sapeva usare la penna come pochi, dando vita a quel fonosimbolismo creativo, eufonico e musicale, inimitabile nel suo genere. Il grande campione argentino è stato così: un raffinato maestro delle traiettorie, un inebriante cultore dei dribbling imprendibili, un esteta delle punizioni, un creativo di triangolazioni impossibili. Sul campo era unico e quell'unicità la coltivava anche nella sua vita privata, fatta di eccessi e stranezze. Non si tratta di giustificare o approvare le sue scelte, talune fortemente discutibili, ma di capire l'essenza "umana" di un artista che ha vissuto appunto da artista, con il suo genio e la sua sregolatezza a segnare il tempo che scorre. Spesso si è sentito dire di cosa sarebbe stato Maradona se avesse condotto una vita fatta di regole e disciplina, ma è un atteggiamento poco percorribile per chi vuole analizzare la genialità, quella eterea e allo stato puro. Il campione del mondo del 1986 era un blocco granitico come persona e i suoi eccessi di vita si collocavano sullo stesso piano dei suoi eccessi calcistici. Nessuno poteva raggiungerlo in quella forma artistica, come nessuno ha potuto raggiungerlo (educarlo, convincerlo, consigliarlo) in quella forma umana. Forse il suo allenatore della nazionale argentina vincitrice in Messico, Carlos Salvador Bilardo, ha detto una delle cose più vere: "Lo abbiamo considerato sempre come un Dio e mai come un uomo". Bisogna sapere, però, che gli dei che si affacciano sulla Terra, diventano per forza di cose eroi, data la contaminazione con gli esseri umani. Maradona è stato di certo un genio, indubbiamente un eroe, di sicuro un esteta.
NAPOLI E IL SUO RISCATTO – Nel ricordo del grande calciatore, appena dopo la sua morte, è balzata agli onori della cronaca la città adottiva, Napoli. Il genio del calcio venne a giocare in Italia attraverso una trattativa complicata, tra la diplomazia e gli affari. Ci furono fidejussioni bancarie per farlo arrivare nell'ex capitale del Regno delle Due Sicilie e l'operazione – sotto il profilo sportivo, commerciale e di marketing – fu un vero colpo da maestro. Tuttavia nei vari ricordi dei partenopei, soprattutto politici, pensatori e letterari, è stata messa in risalto la parola "riscatto", come se Maradona avesse materializzato, nel sociale e nell'economia, una rivincita del Sud contro il Nord. È sembrata una vera esagerazione e un paravento di chi dovrebbe pensare al vero recupero di una arretratezza, ormai secolare, in termini industriali, sociali, d'istruzione e di innovazione del Meridione. Molti politici hanno preso in mano lo scudo di Maradona e lo hanno presentato come colui che ha saputo guidare una squadra di calcio e renderla competitiva con le blasonate compagini settentrionali. Il riscatto sociale non funziona così. Occorrono investimenti, idee, darsi da fare, stanare i luoghi comuni e risollevarsi. Il calcio rimane un gioco che, pur se importante, serve principalmente a divertire. Negli stessi giorni anche l'Atalanta di Bergamo (e non si vuole fare un paragone, perché improponibile) ha vinto nel mitico stadio di Anfield di Liverpool, segnando una pagina indelebile di storia del club lombardo. Ma il giorno successivo, dopo l'infatuazione collettiva, erano tutti a lavorare, per migliorare sul campo dell'impegno, del progresso civico e produttivo la propria città. Certo è tutta un'altra storia, tuttavia riflettere non fa mai male, se non altro per smascherare quelli che vedono il dito e non la luna.