Movimento 5 Stelle: la grande illusione
La doppia e pessima eredità della compagine grillina: da un lato la nullità politica e dall'altro la riesumazione di un atteggiamento tipicamente della prima Repubblica. L'incoerenza all'ennesima potenza. Peggio di così...
di William Di Marco
BASTA ILLUSIONISTI – Si ritorna sempre lì, vale a dire sull'importanza della Storia e dei suoi insegnamenti. Chi si occupa di questi temi sa che non esiste una sfera di cristallo e lo storico non è un veggente, tuttavia il passato ci insegna una cosa fondamentale: date alcune premesse e analizzate certe epoche di riferimento è possibile trarre degli insegnamenti utili per capire le possibili dinamiche sociali che possono svilupparsi nella contemporaneità. La Storia in questo è veramente magistra vitae, come ci ha trasmesso già Cicerone nel De Oratore (la frase completa è Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis, ovvero La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell'antichità). Ma bisogna avere, ovviamente, gli strumenti giusti per poter andare in profondità Se applichiamo questa tesi all'attuale situazione politica, guardare al passato ci aprirebbe un po' più gli occhi e ci farebbe smascherare i tanti "illusionisti" che hanno approfittato della benevolenza (alle volte credulità) della gente e che oggi più che mai sono da annoverare tra gli approfittatori dell'ingenuità popolare. Su queste colonne (Chorus n° 13, giugno 2012) riportammo un articolo dal titolo "Dall'Antipolitica all'Altrapolitica, passando per la Prepolitica" in cui avevamo già descritto come sarebbe andato a finire il Movimento 5 Stelle, cioè in una grande bolla di sapone, fatta di promesse e di mutamenti che non sarebbero mai potuti avvenire. Qual era il senso di quello scritto? Si partiva da una considerazione storica, vale a dire che nel percorso repubblicano c'erano stati già dei grandi sussulti di cambiamento, tracollati nel nulla. Descrivemmo allora come il Fronte dell'Uomo Qualunque nato nel 1945 e guidato dallo scrittore e giornalista Guglielmo Giannini, riuscì ad attrarre molti seguaci, svaniti nel giro di un paio di anni, il tempo di arrivare alle prime elezioni politiche del 1948, quando finì la loro spinta propulsiva. Poi fu la volta del Partito Radicale, nato dalle costole del Partito Liberale, a rivestire i panni dell'"antagonista" al sistema, grazie alle campagne referendarie degli anni '70 e '90. Si ebbe anche in quel caso un sussulto che raccolse pure molti consensi, ma il tutto finì dietro una omologazione, pur se molto marginale, che ne minò alla base il tentativo di cambiamento. Andando più il là con il tempo, segnalammo su quelle colonne come il grande mutamento antropologico della politica fu cavalcato anche dalla Lega Lombarda di Umberto Bossi, accusatore di una Roma ladrona che doveva essere riportata all'ordine, come anche gran parte dell'Italia, ovviamente partendo dal settentrione. Su questa scia si mosse anche il movimento referendario di Mariotto Segni e appena dopo anche la spinta liberal-propulsiva di Forza Italia. Il suo leader, imprenditore di successo in campo economico, sportivo, editoriale e televisivo, sembrò essere il toccasana di tutti i mali, mentre il flop era già evidente sul nascere, date alcune anomalie (leggasi conflitto d'interessi). Stessa cosa potrebbe dirsi di Matteo Renzi e il suo falso tentativo di rinnovamento. Per ultimare questa parabola discendente dei presunti tentativi del cambiamento, ci soffermammo, nell'articolo menzionato, sul neogruppo grillino. Di tale compagine sottolineammo che possedeva molte frecce a disposizione e che aveva dato dimostrazione di poter fare qualcosa. Vale la pena ricordare che i loro rappresentanti regionali si erano ridotti lo stipendio, non accettavano alleanze con gli altri partiti – considerati, a ragione, il vero male atavico di un'Italia impossibilitata a cambiare –, avevano costruito in Sicilia a loro spese una bretella autostradale (dando dimostrazione di dinamismo ed efficienza), si erano schierati contro la stampa di regime, contro l'Ordine dei Giornalisti, contro l'Euro e l'Europa che soffocava le aspirazioni del nostro Paese e tanto altro ancora. Tutto sembrava far sperare in meglio, invece...
CON QUESTO SISTEMA NON SI VA DA NESSUNA PARTE – Fummo scettici, non solo perché la Storia indicava che i vari gruppi partitici erano falliti, poiché riassorbiti dalla politica convenzionale e tradizionale, ma segnatamente perché il sistema era pronto ad omologare tutto, nuovi compresi, verso il più basso dei profili. Con le leggi attuali, con un sistema elettorale fortemente equivoco, dove chi realmente vince non si sa mai, con una magistratura come corpo a sé stante e autoreferenziale (chi giudica i giudici se non i giudici?), tanto da risultare per i cittadini una vera e propria casta, con un impianto burocratico iperprotetto, dove i boiardi di turno hanno i pieni poteri per azzoppare la politica stessa, ebbene con tutto questo grosso fardello chiunque sarebbe andato a Roma avrebbe sposato l'unica strada praticabile (poi accarezzata e voluta dagli stessi attori in scena), cioè far parte del teatrino della politica, avendo in cambio lauti emolumenti. Quegli stipendi da nababbi, quei privilegi ('privus legis', fuori dalla legge), quei benefit risultano così invitanti che fanno sentire re già chi è ricco di suo. Immaginatevi la massa di nulla tenenti e nulla facenti che si ritrovano riveriti, dai messi parlamentari, con addosso non solo la livrea, ma anche i guanti bianchi. Non c'è coerenza, dignità personale, rispetto di un programma politico, contratto con gli elettori che tenga. Che fare, allora? È una vita che indichiamo che l'unica soluzione è far riscrivere (da under quarantenni, ma anche trentacinquenni), una nuova Costituzione e con essa delle rinnovate regole democratiche, dando spessore e credibilità ai tre poteri dello Stato: legislativo, esecutivo e giudiziario.
I 5 STELLE ALLA DERIVA – Per il raggruppamento di Grillo la situazione è al limite del farsesco. Sono entrati in Parlamento per aprirlo come una scatoletta di tonno e lo stanno vivendo come se fossero dei Forlani, degli Andreotti, dei Fanfani qualsiasi (anche se una differenza di tipo formativo con i vecchi di un sistema fallito c'è: quelli avevano il senso della cultura ed erano consapevoli degli argomenti che trattavano. E lo diciamo senza nostalgia). Peggio di così non potevano fare, soprattutto quando hanno aperto le danze nel rimangiarsi ciò che avevano promesso (vedere nostro approfondimento su Chorus n° 100, settembre 2019). Dall'Ilva (che doveva essere un grande parco giochi o un allevamento di cozze, sic!), alla Tap, dalla Tav al no Euro e al no Europa, dallo schierarsi contro l'informazione mainstream ad appoggiare i giornali e televisioni governativi. E poi c'è stata la ciliegina sulla torta del Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), cioè un debito che l'Italia fa con l'Europa, la quale potrà intervenire nei bilanci del nostro Stato, influenzando scelte come la sanità, le pensioni, la formazione ed altro (non per niente nessuna Nazione dell'UE ne ha fatto richiesta). Il M5S si era sempre schierato contro, arrivando quasi a dividersi, perché perdere la faccia di fronte agli elettori ci sta, ma sprofondarsi nell'abisso del ridicolo no. Eppure questi dissidenti (58 tra onorevoli e senatori, nemmeno tanti, poi) che avevano posto un minimo problema di coerenza, sono rientrati nell'ovile e hanno votato a favore, rinnegando il loro comportamento precedente come se fosse stata una cosa normale e giustificabile.
LE GIRAVOLTE AL CUBO – Vi chiederete: ma nessuno di loro ha protestato? Certo che sì, sia a livello europeo (dal Parlamento di Bruxelles sono stati quattro gli abbandoni al gruppo grillino), sia a livello nazionale, con sempre lo stesso numero che ha detto ciao a Di Maio e company. Coerenza? Macché. Sentite questa. Il nostro parlamentare teramano del M5S Fabio Berardini – che, come detto, insieme a tre colleghi ha abbandonato il gruppo pentastellato – ha avuto un sussulto d'orgoglio e nei giorni scorsi ha dichiarato (quindi ciò che abbiamo scritto su queste colonne è condiviso... persino da loro!): "L’approvazione della risoluzione che autorizza il Governo alla firma della riforma del Mes è l’ultima goccia che fa traboccare un vaso pieno di tradimenti dei valori fondamentali del Movimento 5 Stelle. Oggi muore definitivamente quello spirito rivoluzionario che ci ha sempre contraddistinti". Poi ha continuato sostenendo che il partito fondato da Grillo ha "tradito il patto con i nostri elettori a causa di una classe dirigente inadeguata che, per paura di perdere la propria poltrona, cede a qualsiasi ricatto politico". E ancora: "Porterò avanti con forza le mie battaglie sulla sanità pubblica, sulla massima trasparenza della pubblica amministrazione e sul diritto costituzionale a un ambiente sano. Sarò sempre a disposizione dei cittadini del mio territorio". Benissimo, direte voi, c'è almeno quel residuo di coerenza grattato in fondo al barile delle promesse? Assolutamente no. Udite come conclude: "Ritengo che tante siano state le cose positive fatte grazie alla mediazione del nostro presidente del Consiglio e per queste ragioni rinnovo la fiducia a Conte». Traduzione: paura di perdere la poltrona. Triplo carpiato con giravolta da difficoltà massima. Pertanto dieci e lode al gesto atletico, zero assoluto per la coerenza. D'altronde, uno scranno romano non ha prezzo. Per tutto il resto, come diceva la réclame, c'è la più bieca pavidità.